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Fact-checking&Debunking

L’ex commercialista che diventa “rider felice” e i dubbi sul racconto de La Stampa

Il 15 gennaio 2021, Antonella Boralevi su La Stampa ha riportato la storia di Emiliano Zappalà, un ex commercialista che, chiuso lo studio causa crisi economica, si è riciclato come rider per Deliveroo e racconta di guadagnare tra i 2000 e i 4000 euro netti al mese pedalando 100 km al giorno per portare le consegne ai clienti della piattaforma. Un novello Pantani.

“Si chiama Emiliano Zappalà, ha 35 anni. Aveva aperto uno studio di commercialista, il Covid gliel’ha fatto chiudere. E lui, invece di chiedere il reddito di cittadinanza, si è messo a lavorare. Dove? In uno dei settori che il Covid ha reso vincenti: la consegna a domicilio. Business raddoppiato in 10 mesi, come il numero degli addetti”, si legge nel pezzo di Boralevi.

Non occorre grande perspicacia per notare il velato e pretestuoso attacco ai percettori del reddito di cittadinanza, reddito di cittadinanza che difficilmente il nostro ex proprietario di uno studio commercialista avrebbe potuto percepire, avendone difficilmente i requisiti.

“Come racconta in un’intervista al Messaggero, da quasi un anno il Dottor Zappalà è un rider di Deliveroo. Cioè fa circa 100 chilometri al giorno in bicicletta, con un borsone giallo sulle spalle e consegna pizze e pranzi e spesa. Guadagna 2000 euro netti al mese e, certi mesi, anche 4000. Uno stipendio da manager. Ed è felice”, prosegue Boralevi, alla quale qualche domanda a questo punto andrebbe fatta: se il dottor Zappalà guadagna dai 2000 ai 4000 euro netti al mese, quante ore di lavoro deve fare ogni mese considerando che la retribuzione, mance escluse, è pari a 11 euro lordi all’ora? Nessun Emiliano Zappalà risulta essere iscritto all’ordine dei commercialisti: ha verificato la storia prima di pubblicarla condendola con considerazione abbastanza fuorvianti sul reddito di cittadinanza che, sebbene non sia una misura perfetta, ha dato la possibilità a molte persone di poter sopravvivere in mancanza di un reddito da lavoro o di disoccupazione involontaria?

Nota di colore: se il dottor Zappalà lavora per Deliveroo, perché dovrebbe indossare lo zaino giallo di Glovo, piattaforma concorrente? Già questo ci permette di notare la cura che Boralevi ha messo nella stesura dell’articolo.

Boralevi, poi, che parla di “storia di speranza e di dignità”, prosegue rilanciando numeri a caso sul reddito di cittadinanza, sottolineando che dei 2 milioni e 100mila cittadini che lo ricevono, solo 40mila persone hanno trovato un lavoro e rinunciato alla misura per uno stipendio vero. Boralevi dimentica che tra la fine del 2018, quando il reddito è stato introdotto, e gennaio 2021, c’è stata – e c’è tuttora – una pandemia che ha mandato sul lastrico tantissime persone, datori di lavoro e lavoratori che il posto l’hanno perso.

E’ molto interessante notare, poi, che di questo Emiliano Zappalà non si trovano riferimenti sui social network, ma nei gruppi Facebook di Deliveroo fino a poco tempo fa imperversava un certo “Emanuele Zappalà”, che pareva un ventriloquo di Assodelivery, l’associazione di categoria che raggruppa le varie piattaforme di delivery che operano in Italia, presieduta da Matteo Sarzana, General Manager di Deliveroo Italia.

Lo stesso Emanuele Zappalà, peraltro, come notato da Stefano Colombo di The Submarine, appare tra i firmatari del contestato contratto siglato da Assodelivery e Ugl alla fine dello scorso anno, una vicenda che molti rider hanno denunciato pubblicamente visto che “la sottoscrizione del contratto è stata utilizzata dalle aziende per ricattare più o meno velatamente i lavoratori: chi non firma, viene estromesso dalle piattaforme”.

Aggiungo un particolare: verso la fine del 2019, ricevetti una mail di un certo Paolo, un ragazzo che sosteneva essere un rider che insieme a “centinaia di colleghi” aveva sottoscritto e diramato un appello contro il decreto all’epoca in discussione in parlamento per l’introduzione di una serie di tutele lavorative. “A scrivervi questa lettera aperta sono più di 500 “rider” di tutta Italia (e il numero dei firmatari è in costante aumento). Collaboriamo con tutte le principali piattaforme: Deliveroo, Glovo, Uber Eats, Just Eat. Molti di noi collaborano con più di una contemporaneamente. Da mesi, anzi anni ormai siamo al centro di promesse e polemiche di ogni tipo, ma ci sembra che l’unica voce a non essere stata ascoltata sia proprio la nostra. In passato, in ‘nome’ dei rider sono stati ascoltati e intervistati personaggi che non ci rappresentano e che hanno difeso forse i propri interessi, non certo i nostri. La stragrande maggioranza dei rider con quei personaggi non ha nulla a che fare, e vi scriviamo per questo: per fare sentire finalmente la nostra voce. La voce, cioè, di chi il rider lo fa davvero”, si leggeva nella lettera aperta.

Molti giornali intervistarono Paolo e diramarono la lettera. Pochi, tra cui L’Espresso, verificarono la storia e arrivarono alla conclusione che di veritiero in quell’appello c’era ben poco, raccontandone tutti i retroscena. Io parlai con Paolo al telefono e le sue spiegazioni non mi convinsero, soprattutto dopo aver notato che al mio sito, proprio nella giornata in cui mi arrivò la famosa lettera appello, qualcuno si era collegato dagli uffici di Talent Garden Milano, dove avevano sede gli uffici di Glovo. Lasciai perdere e scrissi nulla sulla questione, un errore con il senno di poi.

Insomma, essendo noto che il management di note società di delivery già in passato hanno cercato di fingersi “Riders veri” per farsi pubblicare interviste e appelli contro norme per la tutela e regolarizzazione dei fattorini che  collaborano con le piattaforme, la domanda a fronte del pezzo di Boralevi diventa fondamentale: la storia del fantomatico Emiliano Zappalà è stata verificata oppure è stata divulgata perché si prestava a una narrazione pro-delivery e contro il reddito di cittadinanza?

 

 

Charlotte Matteini

Mi chiamo Charlotte Matteini, sono nata il 30 dicembre del 1987 e tra pochi mesi compirò *enta anni. Sono laureata in una materia piuttosto bistrattata: comunicazione politica. Ho un passato da consulente, professione mollata per seguire la mia vera passione: il giornalismo. Sono ufficialmente giornalista dal 2016, ufficiosamente dal 2011, e mi occupo di politica interna e polemiche assortite.

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