Camilla Canepa è morta, a soli 18 anni, a causa di una trombosi del seno cavernoso che si è rivelata fatale. Il 25 maggio, durante uno degli open day riservati ai giovani organizzati dalla sanità ligure, le era stata somministrata una dose di Astrazeneca, nonostante la giovane età avrebbe dovuto far propendere per un vaccino a Rna messaggero. La notizia, com’è comprensibile e ovvio che sia, ha scosso l’opinione pubblica.
Se esista un nesso causale tra l’inoculazione del vaccino Astrazeneca e la morte della giovane al momento non è possibile stabilirlo con certezza. Saranno le indagini e gli esami autoptici a dare le dovute risposte e a stabilire le esatte cause del decesso. Quel che però è certo è che il vaccino a vettore virale prodotto da Astrazeneca era da mesi, secondo l’ente regolatore italiano Aifa, consigliato agli over 60 proprio a causa di una serie di eventi trombotici anomali rilevati durante le prime settimane di somministrazione in Italia e in Europa. Dopo una prima serie di casi individuati nei Paesi Ue, Ema e Aifa avevano proceduto ad approfondire le varie segnalazioni ed erano giunte alla conclusione che sì, effettivamente in determinati soggetti predisposti appartenenti in particolare alla coorte delle donne under 50, il vaccino a vettore virale poteva in rari casi scatenare delle trombosi anche fatali, con un’incidenza superiore alla media.
Dopo le prime concitate settimane a cavallo tra marzo e aprile, in cui l’autorità regolatoria europea aveva condotto una rolling review d’urgenza, Aifa aveva preferito procedere, a differenza di altri Paesi europei, con il via libera alla somministrazione dei vaccini a vettore virale preferibilmente agli over 60. Nessun divieto dunque, nessuna messa al bando, ma una raccomandazione frutto sostanzialmente di un compromesso politico. La raccomandazione di Aifa, però, non è bastata. Astrazeneca, complice anche la psicosi generata dal nevrotico racconto dei media generalisti, è diventata nel giro di pochissimo una sorta di “bestia nera” dei vaccini. Tantissime le defezioni, moltissimi i rifiuti. Le dosi, intanto, si accumulavano nei magazzini e questo avrebbe in qualche modo potuto compromettere la campagna vaccinale.
A quel punto, qualche Regione ha estratto dal cappello il colpo di genio: gli open day dedicati ai giovanissimi a base di Astrazeneca, delle giornate in cui i ragazzi e le ragazze potevano presentarsi presso gli hub vaccinali per ricevere la propria dose di vaccino in anticipo rispetto alla data del calendario vaccinale prevista per la loro fascia d’età. Gli open day hanno avuto moltissimo successo, mettendo anche in luce quanto le giovani generazioni, rispetto a quelle più attempate, avessero fiducia nel progresso scientifico e nel funzionamento dei vaccini anti-covid19 come chiave per l’uscita dall’emergenza sanitaria.
Nonostante le evidenze scientifiche e Aifa sconsigliassero la somministrazione dei vaccini a vettore virale nelle persone più giovani, prediligendo invece quelli a mRNA, le Regioni hanno perseverato nell’organizzare i vari open day e a promuovere la somministrazione di Astrazeneca e Jhonson&Jhonson ai giovanissimi. Essendo questi eventi trombotici comunque molto rari, pur avendo un’incidenza superiore alla media in donne di una determinata fascia d’età, la quasi totalità delle somministrazioni è andata a buon fine. Tutti contenti per la riuscita dell’operazione. Fino alla vicenda di Camilla.
La morte di Camilla ha scoperchiato un vaso di Pandora e messo in luce quanto sia pericoloso affidare delle decisioni scientifiche al sentimento della politica, molto più avvezzo a rincorrere il consenso che calarsi nella complessità degli eventi con decisioni equilibrate, come invece una materia seria come la scienza meriterebbe. La morte di Camilla di fatto ha “rotto il giochino” nelle mani di decisori politici, molto più interessati a propagandare la corsa giornaliera delle somministrazioni che a guardare al lungo periodo e a comprendere che qualsiasi tipo di fatalità avrebbe potuto compromettere di fatto la campagna vaccinale, e non solamente con riguardo ai vaccini a vettore virale.
In queste ore, infatti, stiamo assistendo a incessanti campagne no-vax che, come da tradizione, “buttano il bambino con l’acqua sporca”. False notizie e bufale che, condivise a tambur battente, rischiano di arrivare sulle time-line di utenti che, magari, non sono di principio contrari ai vaccini, ma sono semplicemente turbati e preoccupati e, magari, privi della preparazione adatta a saper discernere tra notizie inventate o ansiogene, esposti a una campagna allarmistica che potrebbe generare timori e paure anche irrazionali, con effetti potenzialmente devastanti. Non solo i no vax, ma anche i politici e i giornalisti in queste ore stanno contribuendo a ingenerare ancora più confusione e dubbi, occupandosi di materie di cui conoscono ben poco – e si capisce dalle affermazioni che pronunciano nei talk e dalle domande insensate e poco intelligenti che fanno.
Quello che la morte di Camilla ci disvela, ancora una volta, semmai ce ne fosse ancora bisogno, è proprio l’immaturità di una classe politica e dirigente miope – che pensa sempre e solo al risultato immediato senza mai guardare al lungo periodo o ai gravi danni che certe scelte improvvide potrebbero causare – e l’impreparazione di politici e giornalisti nel trattare un tema così complesso e di così vitale importanza per la comunità intera, trattato alla stregua di una voyeuristica notizia di cronaca nera da cavalcare a più non posso come sciacalli che pasteggiano volteggiando sopra la propria preda.